QUINTINO SELLA

Quintino Sella
di Pietro Faggioli - foto di Giovanni Alban
Bibliografia: Una incredibile crociera di guerra in Adriatico, <<Storia Militare>>, n° 4, 1996.
Alle ore 19.45 dell' 8 settembre 1943 venne dato alla radio, dal Maresciallo Badoglio, l'annuncio dell'armistizio e tra lo sfacelo e la confusione delle Forze Armate Italiane (colte totalmente impreparate) per i tedeschi iniziò l'operazione Ernte (mietitura).A quell'ora le motosiluranti tedesche S 54 e S 61 si dondolavano pigramente all'ormeggio nel Mar Piccolo della base di Taranto.I marinai tedeschi salirono alla spicciolata, misero in moto i potenti diesel dei loro battelli e con essi si avvicinarono alla motozattera tedesca MFP 478, attrezzata per la posa di mine, anch'essa attraccata nel Mar Piccolo.
Gli uomini delle motosiluranti dettero una mano ai colleghi della MFP a caricare trenta mine del tipo TMA/B (magnetoacustiche) e quindi i tre natanti, con i motori al minimo, si diresseroverso il Mar Grande di Taranto.L'Ammiraglio Brivonesi, probabilmente per non avere beghe, aveva concesso il permesso di lasciare la base italiana e perciò, mentre si dirigevano nel buio della notte (erano le prime ore del 9 settembre 1943), verso il passaggio obbligato posto tra le ostruzioni fisse che difendevano la base, essi lasciarono scivolare, silenziosamente, nelle acque del Mar Grande le loro trenta mine magnetiche. Nessuno si accorse di nulla, essi uscirono e velocemente si diressero verso il canale d'Otranto.Subito nelle acque costiere di Santa Maria di Leuca incontrarono un motoveliero italiano, l'R 240 e lo affondarono.
A largo di Capo d'Otranto avvistarono l'incrociatore leggero italiano Scipione Africano e credendo che fosse stato inviato al loro inseguimento, i tedeschi, per essere più veloci, affondarono la lenta MFP 478. A bordo dello Scipione le due siluranti furono avvistate ma contro di loro non fu intrapresa nessuna azione poichè l'incrociatore doveva recarsi con urgenza a Pescara, per scortare la corvetta Baionetta che aveva a bordo il Re Vittorio Emanuele III e il Maresciallo Badoglio per trasferirli al sud. L'Oberleutnant (S.Ten. di vascello) Klaus Schmidt, che aveva la responsabilità del comando, decise di risalire l'Adriatico e di raggiungere Venezia. Per evitare incontri pericolosi le due siluranti si portarono sulla costa albanese e la mattina del 10 settembre entrarono a Dubrovnik. Senza alcuna difficoltà si rifornirono d' acqua e quindi cominciarono a risalire la costa dalmata. Trovando banchi di mine non segnalati si portarono verso la costa italiana e fuori dal porto di Ancona, alle 3.00 dell'11 settembre, incontrarono l'Aurora (935 tns), armata solo con grosse mitragliatrici. La S61 lanciò due siluri, l'Aurora ne evitò uno, ma il secondo la colpì nelle caldaie co conseguente esplosione e affondamento in pochi minuti. Delle 88 persone a bordo le due siluranti salvarono 62 naufraghi. Incontrarono poi la motonave Leopardi, una nave nuova da 4500 tns con circa 1500 persone a bordo. La S54 si avvicinò a portata di voce e il comandante Schmidt ordinò alla nave di fermarsi e di gettare tutte le armi in mare, pena l'immediato affondamento. Il comandante italiano, avendo a bordo donne e bambini, eseguì gli ordini: alcuni tedeschi salirono a bordo e la nave divenne <<preda bellica>>. A Taranto, intanto, i nuovi alleati dell'Italia, gli Anglo-Americani, entravano nella base e le mine disseminate nel Mar Grande fecero illustri vittime.
La prima nave ad essere spezzata in due fu l'incrociatore inglese Abdiel (4000 tns) che affondò in un attimo con gravissime perdite umane; fu poi la volta del rimorchiatore italiano Sperone (86 tns) sul quale perirono quasi 150 uomini e infine il dragamine inglese MMS 70 (165 tns). In alto Adriatico la S54 e la S61, seguite dal Leopardi, proseguivano verso nord e, giunte a 30 miglia a sud di Venezia catturarono un altro piroscafo, il vecchio Pontinia da 715 tns; mentre le due siluranti cercavano di tener sotto controllo il loro piccolo gregge di navi, videro arrivare un cacciatorpediniere italiano. Erano le 17.00 dell'11 settembre 1943 e il C.T. era il Quintino Sella del comandante Corrado Cini. Schmidt giudicò che la S54 (la sola che avesse ancora siluri) non potesse affrontare il caccia direttamente, a causa delle noie ad un motore, e quindi nascose la sua motosilurante sotto il lato destro del Pontinia, preparando l'agguato. Emblematico, per quanto riguarda ciò che poi accadde, il rapporto del vomandante del Sella: <<Alle 16.00 prendo la rotta di sicurezza aumentando la velocità. Alle 16.30 avaria alla caldaia n. 2. Si deve spegnere riducendo la velocità a 14 nodi. Procedo con una caldaia in attesa che venga riparata l'avaria. Alle 16.45 incrocio una motonave carica di passeggeri e militari. A prora a sinistra un piccolo mercantile in uscita da Venezia, essendo troppo scartato a sinistra sta accostando sulla dritta a 90° a piccola velocità per rientrare sulla rotta di sicurezza. Alle 17.00 mi trovo a circa 20 mg dall'imboccatura del Passo Lido, sulla rotta di sicurezza.Continuando la mia rotta passo di prora a detto piroscafo a una distanza di circa 400 metri. Mentre defilo di prora a questo piroscafo, da una motosilurante affiancata dal lato sinistro del piroscafo stesso e che perciò non avevo potuto vedere prima, mi vengono lanciati due siluri. Accortomi immediatamente del lancio do senz'altro l'ordine di aprire il fuoco contro l'unità attaccante, il che è eseguito istantaneamente da tutte le mitragliere di sinistra. Cerco subito di manovrare per tentare di evitare i siluri. Ma l'avaria in caldaia non ancora riparata non permette alle macchine di rispondere alla manovra, il timone incatasta e non è possibile accostare>>. I due siluri raggiunsero il Sella all' altezza della plancia e della caldaia n.1. Alle 17.45 il Quintino Sella, spezzato in due dall' esplosione dei siluri, affondò immediatamente. I superstiti furono recuperati dal Pontinia e dal Leopardi.
Con la nave scomparvero anche 27 uomini, mentre il comandante Cini, ferito, venne portato a Venezia, curato, processato e quindi internato in Germania con l'imputazione (n.d.r. grottesco!) di aver fatto fuoco contro un'unità tedesca. La S54 fu poi affondata a Salonicco il 31 ottobre 1944; la S61 fu autoconsegnata agli alleati ad Ancona il 3 maggio 1945; il Pontinia fu perduto per incaglio nella zona di Zara il 23 novembre 1943 e il Leopardi affondò in Egeo il 22 febbraio 1944. L' Oberleutnant Klaus Schmidt cadde al comando di uno Schnellboot della 10 flottiglia durante uno scontro con naviglio inglese nel canale della Manica.Per cercare relitti interessanti non è necessario andare nel Mar Rosso o a Capo Bon. I fondali dei nostri mari ne sono pieni e, per giunta, l'Adriatico è a due passi. Catturiamo delle bolle di storia ed è possibile ritrovare, in mare, momenti di vita vissuta da altri, in altre epoche. Perciò, con tanta curiosità, telefono a Giovanni Alban, sub con il tarlo dei relitti (attaulmente sta tentando di localizzare per il museo di Vigna di Valle dell'Aeronautica Militare il relitto di un rarissimo Fiat G50 caduto in un fiume) che mi avverte che nelle vecchie carte sugli sminamenti del 1948 gli risultano due <<masse ferrose>> molto vicine l'una all'altra, ambedue a circa 15 miglia a sud del faro di Lido di Venezia. Il Quintino affondò spezzato in due tronconi (versione italiana perchè quella tedesca lo dava diviso in tre tronconi), perciò a fine luglio , ci accingiamo all'impresa con canotto, bombole, eco e acqua al limite delle possibilità di limpidezza. In 45° e 17' Nord a 12° 34' Est, dai 18 ai 23 di profondità sono segnalati i relitti, io, abituato ai mari siciliani, trovo che la visibilità sia limitatissima. Ottima scusa per gli amici che mi lasciano sulla barca mentre loro scendono in acqua. Trascorro un'oretta di attesa sotto il sole guardando le bolle d'aria far <<plof plof>>. Poi le teste emergono e, tolti gli erogatori, è un gran vociare in dialetto veneto: cannoni, proiettili, lamiere.
Hanno trovato la prua distesa sul fianco destro, l'interno sembra vuoto, le lamiere dello scafo sono in discrete condizioni e i cannoni della batteria di prua hanno ruotato e ora puntano minacciosi il fondo fangoso. Dietro la prua, ove manca il resto della nave, una gran distesa di rottami, oggetti di tutti i tipi che sporgono dal fondo. Sembra quasi che, dopo il siluramento, la prua abbia proseguito il viaggio, seminando sul fondo quanto conteneva. Il giorno seguente, a circa 400 metri dalla prima massa ferrosa, Giovanni, Tony e Mauro s'immergono e, per me, è la solita solfa: <<in mare la prudenza non è mai troppa>>, oppure: <<con questa visibilità, se ti perdi, chi ti trova più?>>, e altri discorsi di questo genere. Solita guardia al gommone perchè non venga rubato dal sole o dai gabbiani. Quando gli amici riemergono i loro occhi brillano: è stata trovata la poppa. E' in condizioni terribili, l'esplosione del siluro ha divelto tutto e il fuoco ha smembrato le lamiere. Il ponte comando non esiste quasi più, l'albero è crollato sulla destra. Loscafo è appoggiatosul lato destro e quello che rimane di uno dei fumaioli è appoggiato sul fondo. Il primo siluro ha spezzato in due la nave ed è probabile che il secondo abbia colpito la parte terminale dello scafo, infatti la zona del timone e delle eliche è irriconoscibile. Il Quintino ora dorme; da <<viva>> è stata una nave che ha tanto combattuto: ha portato gli incursori della nostra marina nella Baia di Suda a Creta, dove hanno affondato il 26 marzo 1941 un incrociatore pesante inglese, lo York. Aveva, purtroppo, un conto aperto con itedeschi: gli Stukas, quando l'avevano attaccata per errore nel 1941 (e i tedeschi erano alleati degli italiani), le avevano fatto grossi danni e vi erno stati molti morti e feriti. Poi l'11 settembre 1943, fuori Venezia...