MOLCH

In un conflitto che era divenuto dominio della tecnologia e delle armi per la distruzione di massa, i successi degli uomini a bordo dei «maiali» o dei «sommergibili tascabili» di tutte le nazioni spiccano con un richiamo a un'era più antica, quella in cui il calore individuale e le capacità nell'uso delle armi erano gli attributi con cui si vincevano i conflitti.

da «I guerrieri degli abissi»», di Paul Kemp

 

 

 

Le salamandre di Adolfo

I piccoli mezzi subacquei insidiosi furono sviluppati dagli italiani e dai giapponesi. Gli inglesi subirono gravi perdite dagli attacchi italiani mafurono subito molto celeri nell' apprendere e nell' utilizzare quanto di buono era stato fatto dai loro nemici mediterranei.

La Germania, con una potente flotta di sommergibili a disposizione che mieteva grandi successi su tutti i mari, trascurò semplicemente la cosa. Quando però la minaccia d' invasione alla fortezza Europa si andò delineando, i tedeschi cercarono di correre ai ripari.
Fu immediatamente costituito un piccolo reparto, noto come Kleinkampfrerbaud (K-Verband) che ebbe l' incarico di progettare e impiegare sommergibili tascabili.
Mentre alcune industrie tedesche progettavano quanto pensavano dovesse servire, il comandante del K-Verband, l' ammiraglio Helmuth Heye, cominciò la ricerca degli uomini per il reparto. Avuta la proibizione dall' ammiraglio Donitz di toccare i sommergibilisti e la Marina, egli dovette ripiegare sull' esercito.
Dovette arruolare fanti, artiglieri, carristi e sembra inoltre che un buon quantitativo di uomini provenisse dalle carceri (per un programma quasi suicida). All' industria fu data la direttiva di costruire mezzi, visto il tempo molto limitato,che utilizzassero dei componenti di armi e mezzi già esistenti.

Il primo «arnese» prodotto fu denominato Negered era un siluro (G7E) munito a prua di un piccolo pozzetto di pilotaggio e coperto da una cupola di plexiglas. Dentro quel pozzetto sedeva il pilota, l'unico uomo d' equipaggio. Il motore era quello elettrico di un normale siluro e aveva un' autonomia di 30 miglia atre nodi. Sotto al Neger era agganciato un siluro normale il tutto non poteva immergersi ma soltanto galleggiare con la cupola trasparente a pelo d' acqua. Ne furono costruiti circa 300.

Il passo successivo fu la costruzione dei Marder, che erano dei Neger leggermente modificati con l' aggiunta di una cassa d' allagamento che permetteva di scendere, per brevi periodi, fino alla profondità di 25 metri. Per la navigazione, il pilota aveva una bussola da polso e per sopravvivere un autorespiratore a calce Draeger. Per cercare di colpire l'obiettivo aveva un «fantastico» congegno di puntamento: sulla cupola di plexiglas era marcata una scala graduata e sulla prua del battello vi era una specie di chiodo, si faceva la collimazione tra la scala graduata e il chiodo (come un cacciatore con il fucile) e si lanciava il siluro.
Per far questo, il pilota doveva tirare una maniglia posta sul fondo del battello: a quel punto il siluro partiva dirigendosi verso l' obiettivo.
Molte volte, però, accadeva il disastro: il siluro partiva ma non si sganciava dal Neger-Mader e trascinava il battello-madre con l'operatore contro il bersaglio. Inoltre i piloti non vedevano praticamente nulla e, quando aprivano la cupola di plexiglas per localizzare un bersaglio, l' acqua entrava allagando il battello.


Un' ulteriore evoluzione fu il Molch, "la Salamandra".
Non è che le cose migliorassero di molto ma, questa volta, fu progettato un piccolo sommergibile lungo circa 10 metri e in grado di trasportare due siluri (G7E) agganciati fuori bordo, ai lati. Fu costruito e sviluppato dalla Desehimag AG Weser di Brema in 393 esemplari.
Solita forma di siluro, monoposto con propulsione elettrica (motore da 13 hp) e fu concepito, anche questa volta, per utilizzare il maggior numero possibile di pezzi esistenti già disponibili.
A prua vi erano i dodici elementi delle batterie (tipo 13 T 210) e per compensare la bassa velocità (4,3 nodi in immersione), i timoni di profondità e la pinna direzionale stabilizzatrice erano molto più grandi di quelle di un comune siluro (come sui Neger).
L' operatore si trovava a poppa e, questa volta, aveva a disposizione, per orientarsi, una bussola magnetica installata su un alberetto posto all' esterno del battello, che doveva essere sbirciata dall' interno dello scafo.
ll risultato fu che, come al solito, potevano operare soltanto nelle notti limpide, quando il pilota poteva orientarsi con le stelle.
Per localizzare l' obiettivo vi era un piccolo periscopi ma, purtroppo, di ridotta utilità in quanto permetteva l' osservazione, ai lati, per soli 30°. La stabilizzazione subacquea era assicurata dalle casse d' immersione, di compensazione e d' assetto (dovevano essere regolate, a scanso di eventuali disastri,con assoluta precisione, prima dell' uscita dalla base di partenza).

 

Molch

Il collaudo dei primo Molch avvenne il 19 marzo 1944 e i risultati non furono entusiasmanti ma, tenendo presente l'estrema facilità dell'insieme, i difetti furono velocemente eliminati e nel giugno del 1944 iniziò la produzione in serie.

NEGER, MARDER, MOLCH DEL D-VERBAND NEL MEDITERRANEO

A Pratica di Mare, d 13 aprile 1944, giunsero 40 NeIcr affinché attaccassero il traffico navale dei porti di Anzio e Nettuno. Doveva essere la prova generale per il contrasto a uno sbarco anfibio in previsione di quelo ormai imminente, e atteso dai tedeschi, lungo le coste francesi della Manica.

L'attacco fu portato nella notte del 21 aprile da 23 Neger (dei 37 partiti ben 14 si arenarono su banchi di sabbia) ma i piloti ebbero la: fortuna di trovare la baia di Anzio pressoché vuota. Fù un fiasco: quattro mezzi furono distrutti dalle difese, uno si arenò sulla spiaggia e l'operatore, un ragazzo di 17 anni, fu fatto prigioniero.

I mezzi che rientrarono alla base furono soltanto 13.

Sembra che, in ogni modo, un siluro abbia colpito il molo di Nettuno e che, dopo l'attacco, due piccole unità fossero in fiamme. Nel settembre 1944 i Marder e i Molch disponibili furono inviati a San Remo ove cercarono di operare contro le navi degli Alleati che sbarcavano uomini e mezzi lungo le coste della Francia meridionale. Si afferma che non siano stati ottenuti risultati e che le perdite siano state consistenti.

Nel dicembre 1944, dopo quasi due mesi di calma, i tedeschi ripresero una certa attività davanti a Marsiglia e a Vifiafranche. Si è a conoscenza di un attacco portato d 19 dicembre 1944 ove andarono perduti nove battelli, mentre ne andarono distrutti altri cinque nell'attacco del 10 gennaio 1945.

I mezzi superstiti furono trasferiti in Adriatico per operare insieme ai CB della R.S.I, per la difesa dei porti di Venezia, Trieste, Pola e Fiume.

E arrivò la pace.

Molch - In Normandia

Una quarantina di battelli, tra Marder, Molch e Neger giunsero 1128 giugno 1944 a Villers sur Mer e già il 6 luglio i primi 26 Marder andarono all'attacco. Furono localizzati mentre erano in movimento presso la flotta d'invasione e la reazione alleata distrusse 13 battelli subacquei.

I tedeschi colpirono, e affondarono, i due grossi dragamine di squadra, il Cato e 11 Magic. Nella notte del successivo 8 luglio, ben 21 mezzi cercarono d'intrufolarsi tra le navi alla fonda; nessuno di loro rientrò alla base, ma gli Alleati persero l'Incrociatore polacco Dragon e il dragamine inglese Pylades.

Nella notte del 20 colò à picco il dragamine Isis, sempre inglese, ma non è chiaro se per mina o attacco di operatori subacquei.

Nuovi successi furono ottenuti il 3 agosto quando fu silurato l'incrociatore inglese Durban (già colpito e arenato in costa) e perdite dolorose si ebbero quando fu centrato 11 cacciatorpediniere Quorn che affondò, spezzato in due, trascinando con se ben 130 uomini. Quella notte ven- nero affondati il peschereccio armato Gairsay, i mercantili Samlong, Fort La Ronge e la piccola nave da sbarco LCG 764. Ci furono certamente dei risultati ma il tutto fu pagato duramente in quanto su 58 mezzi partiti, soltanto 17 rientrarono. Ben 41 andarono perduti e di loro fecero strage, all'alba durante il rientro, gli Spitfire dei 153° Sq. che mitragliarono a bassa quota quegli strani oggetti naviganti a pelo d'acqua.

Nella notte del 15 agostopartirono, causa il maltempo, soltanto 14 Molch, ma non riuscirono ad attaccare e soltanto 7 di essi, rientrarono.

Nella notte tra il 16 e il 17 agosto, vi fu l'ultimo attacco disperato: partirono tutti i 42 battelli rimasti e, nella notte, si vide esplodere i'LCF 1(70 uomini perduti), fu colpita inutilmente la vecchia corazzata francese Coubert (che era stata precedentemente arenata in costa) e furono affondate la nave ausiliaria Fratton e il trasporto Idellesleigh (già danneggiato). Ben 26 mezzi tedeschi non rientratono. Nei registri della Royal Navy risultano almeno altre due navi perdute per attacchi di mezzi insidiosi subacquei e precisamente

il giorno 22 agosto andò perduto il dragamine Loyalty e

il 2 novembre il piroscafo Colsay.

Lungo le coste francesi, si persero tra Neger, Molch e Marder ben 99 mezzi, quasi tutti con l'operatore, ma la determinazione, il coraggio di quegli uomini risulta chiaramente dal naviglio avversario affondato.

Nei mesi seguenti, il K-Verband fu inviato a Rotterdam con 90 Mulch per operare presso l'estuario della Shelba; le azioni furono svolte assieme ai Biber (altro mezzo subacqueo) ma i risultati furono modesti,infatti sembra che sia andato perduto soltanto il mercantile americano Alan A. Dale (ils. 4700) contro la perdita di 31 mezzi tedeschi. L'ammiraglio Karl Donitz, il comandante in capo della Kriegsmarine, definì il K-Verband come upferkampfer cioè «combattenti suicidi».

Nel gennaio '45, vi erano ancora disponibili 72 Mulch. Fu condotto un attacco con 29 battelli e 16 andarono perduti.

Infine nel marzo, un nuovo ultimo attacco di 14 Moich dei quali 9 non tornarono.

Poi, la fine della guerra, I Neger, Marder e Moich, divennero abbastanza affidabili ma rimasero comunque una misura disperata per contrastare uno sbarco. Come già detto, l'operatore doveva pilotare d mezzo, superare una difesa preparata, attenta, cattiva e aggressiva. Egli doveva cercare di localizzare il bersaglio stando con gli occhi e il naso a pochi centimetri al di sopra della superficie del mare; vi erano le onde, la nafta, l'olio e i detriti galleggianti. Di notte e con il solo aiuto delle stelle l'operatore poteva intravedere soltanto delle ombre.

I piloti ebbero una percentuale di perdite paragonabili a quelle dei Kamikaze giapponesi, nell'ordine del 70-80%.

A miogiudizio e alla luce dei documenti ora disponibili, i risultati furono molto più consistenti di quelli fino a ora denunciati e conosciuti, ma bisogna chiedersi se non vi fosse stata la «frettolosa preparazione». Se gli equipaggi fossero stati meglio addestrati e gli attacchi fossero stati soprattutto più coordinati e condotti con più mezzi, in modo tale da sopraffare le difese, quale corso avrebbe avuto la storia dello sbarco in Normandia? La «storia» non è scritta sulle ipotesi. Quelli del K -Verband, uomini molto coraggiosi che attaccarono un nemico in mare, loro, che marinai non erano.

I NOSTRI MOLCH

I tedeschi costruirono a Sistiana, vicino Trieste, una base per i Molch. Una piccola baia, una montagna che arrivava fino alla spiaggia; tutto lontano da occhi indiscreti. La montagna fu scavata, si aprirono feritoie che sbirciavano il mare e nelle quali furono piazzate mitragliatrici e cannoni. Una gran sala che poteva contenere tante «Salamandre», e poi camminamenti, sale dormitorio per gli operatori, cucine e depositi per i combustibili e le munizioni. Non fu dimenticato un largo scivolo necessario per mettere in mare i mezzi subacquei. Tutto questo nascosto nella montagna, poiché ormai, alla fine del 1944, gli aerei americani e inglesi erano totalmente padroni dell'aria, di giorno e di notte, appena qualcosa si muoveva sulla terra o sul mare intervenivano per colpirla, distruggerla, annientarla.

Gli incursori della Kriegsmarine si esercitavano in attesa di veder spuntare, al largo di Trieste, la flotta Anglo-Americana. Nei primi giorni di maggio giunse la notizia della caduta della Germania, la resa. A quel punto i «marinai» tedeschi misero in acqua cinque Molch e a poche centinaia di metri dalla costa li autoaffondarono. Poi, sistemarono tutto l'esplosivo disponibile sulla montagna e la fecero esplodere. Una frana d'enormi proporzioni, la montagna sconvolta, tonnellate di pietre e detriti crollarono per nascondere gli ingressi della base.

Nella piccola baia di Sistiana scende a mare un piccolo fiume, il Timavo, che riesce, con le sue acque torbide, a rendere opache quelle del mare. Negli anni Sessanta qualcuno si accorse dei Molch che pisolavano, come grossi tonni, sulla sabbia in dieci metri d'acqua. Ne fu deciso il recupero. Il primo fu sollevato dal fondo con un pontone e inviato a La Spezia. Di questo Molch non si è avuta più notizia e sarà certamente finito in fonderia come un qualsiasi rottame. Il secondo è attualmente a Trieste nel museo «Diego De Henriquez».

Il terzo è ancora in mare, ed è quello delle foto di Giovanni Alban.

Il quarto io non l'ho trovato, mi dicono che sia ancora in mare, un poco più al largo di quello trovato da Giovanni ma (causa la poca visibilità) è difficile da localizzare. Forse è coperto dalla sabbia. Per il quinto io non saprei cosa dire, ma questo è l'unico pensiero:

«va bene che a tutti i sub piaccia raccogliere souvenir, ma, per la miseria, chi si è fregato il quinto Molch?».

 

L'IMMERSIONE

Se un sub deve raccontare ad altri sub l'immersione al Molch di Sistiana (Ts) deve necessariamente esordire con lo spettacolo che, quando giunge in spiaggia, di sabato o alla domenica, si presenta ai suoi occhi. Decine e decine di splendide ragazze che prendono il sole. Tutte seminude, tutte belle (le brutte saranno forse in un'altra spiaggia). Alte, gambe lunghe, pelle chiara, bionde e brune, tutte con occhi immancabilmente verdi.
Il verde è il colore dominante di quest'immersione; infatti, nella baia sfocia il fiume Timavo e l'acqua è difficilmente limpida, è solo implacabilmente verde.

Mettiamo la muta, facciamo pochi passi in acqua e ci lasciamo avvolgere dal Gav che già ci aspetta galleggiando.
Poi una lenta nuotata di una cinquantina di metri (ricordarsi vicino alla spiaggia di tener alti gli erogatori poiché con il fondo sabbioso possono succedere brutti scherzi... vedi sabbia nell'erogatore) e quindi giù a trovare il Molch.
Il mio mondo per i primi 5 metri è verde chiaro, per diventare a -10 verdissimo. Io seguo Giovanni e devo stare realmente attento per non smarrire la mia guida e per non ricevere una pinnata in faccia.
Infatti quasi urto lo scafo che mi si para davanti all'improvviso.

E' il Molch, sembra un enorme siluro, oppure la fusoliera di un aereo abbattuto. Giovanni ne accompagna le forme, accarezzandolo con le mani, bisogna capirlo perché sono amici, da vent'anni, ogni mese, va a salutarlo, a raccontargli degli altri relitti che ha trovato in Adriatico.
Nella piccola torre manca la cupola di perpex e il periscopio è stato strappato. Per il resto è perfetto; a poppa vi è un'apertura da dove possiamo vedere i cavi dei comandi: sono identici a quelli che collegavano le eliche ai timoni di un aereo, sono soltanto di spessore più gosso.
Un grongo mi osserva da un foro, è abbastanza grosso, sarà lungo almeno 70 centimetri.
Nessun'altra forma di vita tranne decine e decine di cavallucci marini, di tutte le grandezze dai cuccioli ai genitori, agli zii, agli amici, agli amici degli amici. Tantissimi e dolcissimi: io li accarezzo con i guanti e quelli non si spaventano, anzi, si rilassano e srotolano la coda.
E poi dicono che sono in via d'estinzione: ma va là, gli ippocampi, secondo me, hanno fatto il passaparole e hanno organizzato la loro gita sociale a Sistiana per vedere il Molch e, magari, le bellissime ragazze di Trieste.

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